Mi
trovavo in un grande magazzino per comprare un barattolo di vernice
e, girando tra gli scaffali, ho dato un'occhiata ai prodotti esposti;
mi è venuta spontanea una riflessione: siamo talmente abituati a
trovare nei negozi prodotti di consumo dal prezzo esageratamente
basso (provenienti di solito dalla Cina o da Paesi del terzo mondo),
che neanche ci chiediamo più quali possano essere le motivazioni che
rendono possibile questo fenomeno.
Ma così
facendo, tendiamo a rimuovere due termini che sono ormai padroni
della nostra quotidianità : esternalizzazione dei costi e
obsolescenza (nelle sue diverse declinazioni).
Esternalizzare
i costi (in barba anche al principio di una sana e leale
concorrenza), vuol dire spostare la produzione in Paesi dove i
controlli sono inesistenti e i costi di produzione irrisori; ma gli
interessi che si pagano sono salati e non solo in termini di merci di
bassa qualità , fatte con materiali scadenti o addirittura pericolosi
per la salute, perché si chiamano inquinamento senza controllo,
malattie, diritti dei lavoratori e dei consumatori ignorati,
sfruttamento del lavoro minorile.
Però
inondare il mercato con merci a basso prezzo si è rivelato troppo
conveniente e in Cina l'hanno capito talmente bene, che hanno
cominciato ad esternalizzare ...in casa propria!
Questo
selvaggio modo di produrre è propedeutico ad un sistema economico
basato su consumi sfrenati e crescita illimitata, nato negli Stati
Uniti (che non a caso, del consumismo sfrenato, sono la patria) e che
“dobbiamo” all'analista Victor Lebow.
Questo è
il nocciolo della sua brillante teoria, resa pubblica nel 1955 ed
esportata in seguito in tutto il mondo occidentale: “La nostra
economia incredibilmente produttiva, ci richiede di elevare il
consumismo a stile di vita, di trasformare l'uso e l'acquisto di
merci in rituale, di far si che la nostra realizzazione personale e
spirituale venga ricercata nel consumismo. Abbiamo bisogno che sempre
più beni vengano consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo
sempre maggiore. Abbiamo bisogno di gente che mangi, beva, vesta,
cavalchi, viva, in un consumismo sempre più complicato e, di
conseguenza, sempre più costoso”.
Quindi lo
scopo ultimo dell'economia americana (e a catena di quelle ad essa
collegate) doveva diventare il produrre più beni di consumo a sempre
maggiore velocità .
Non
sanità , istruzione, rispetto per l’ambiente, equità sociale, ma
merci, da consumare e rimpiazzare il più rapidamente possibile.
Obsolescenza
programmata e obsolescenza percepita, sono i metodi migliori per far
si che le persone, più o meno consapevolmente, accettino il loro
ruolo nel sistema, che è quello di voraci consumatori.
L’obsolescenza
programmata, in sintesi, consiste nel progettare e immettere sul
mercato oggetti con lo scopo di renderli inutili e/o inutilizzabili
(e quindi rimpiazzabili) il prima possibile, anche se si tratta di
articoli che dovrebbero essere durevoli: se ne definisce quindi a
tavolino, con precisione cronometrica, il ciclo vitale.
Siccome
sono troppe le cose che non ce la fanno a rompersi con la velocitÃ
che il sistema pretende, entra subdolamente in gioco l’obsolescenza
percepita, che ci convince a buttare o sostituire una cosa che ancora
funziona egregiamente.
Si usa a
questo scopo il progresso tecnologico, che la fa apparire superata
oppure se ne cambia semplicemente l’aspetto esteriore, così da far
diventare fuori moda il precedente: possedere un vecchio modello di
qualcosa e confrontarlo con le ultimissime novità possedute dagli
altri, ci fa sentire irrimediabilmente inadeguati!
Questo
meccanismo è rivolto a tutti i settori merceologici ma,
naturalmente, nell’industria della moda raggiunge la massima
espressione; la moda vive praticamente di questo e il ruolo della
pubblicità e dei modelli da seguire imposti dai media è
fondamentale.
Così
(spinti da media e pubblicità ) ci caliamo nel nostro ruolo di
consumatori, ci occupiamo ciecamente solo dell'acquisto, facciamo
finta che tutti gli altri scalini del processo produttivo non ci
siano e passiamo buona parte del tempo libero dal lavoro a fare
shopping, senza neanche interrogarci sul fatto che, nel giro di poco
tempo, gran parte di quello che acquistiamo finirà , dimenticato, in
qualche cassetto o peggio ancora nella spazzatura.
E qui
salta fuori un altro bel problema: lo smaltimento dei rifiuti!
Certo
raccolta differenziata e porta a porta sono fondamentali, ma non
bastano, perché non tutto si può riciclare e, soprattutto, bisogna
pensare all’enorme quantità di rifiuti che è stata creata per
produrre quello che noi, dopo averlo comprato, disinvoltamente
buttiamo.
Solo per
questo, dovremmo interrogarci più spesso se riempire casa di oggetti
superflui è davvero quello di cui abbiamo bisogno per sentirci
felici!
La
consapevolezza individuale, il desiderio di una società più a
misura d'uomo, la voglia di sentirsi nuovamente individui e non solo
consumatori, potrebbero rappresentare i primi passi del cambiamento;
una crepa nel muro granitico di un sistema che fa pensare, ogni
giorno di più, ad un treno, lanciato a folle velocità per chissÃ
dove.
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asd
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